Dal fascismo alla Nato: la trasformazione geopolitica italiana

Un’analisi delle sfide e dei cambiamenti che hanno plasmato l’Italia dal conflitto globale alla sua integrazione nel sistema occidentale, ridefinendo il suo ruolo geopolitico

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dal fascismo alla nato: l'Italia
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Il dieci giugno del 1940 è l’inizio della fine. Dopo decenni di propaganda, preparazione morale ed educazione alla guerra è giunto il momento di servire le poche migliaia di morti necessarie per sedere al tavolo dei vincitori. Il 14 giugno la flotta francese cannoneggia la città di Genova. Solo quattro giorni dopo la dichiarazione di guerra si evidenziano i segni dell’impreparazione italiana ad affrontare il conflitto. Tutti gli sforzi di sfondare il fronte francese, nella battaglia delle Alpi occidentali, sono pressoché inutili visti i minimi guadagni territoriali e la resa transalpina ai tedeschi che avviene il 22 giugno dello stesso anno. Le forze armate del regime fascista non sono in grado di avere ragione delle difese di uno Stato praticamente già sconfitto dalla travolgente avanzata delle divisioni della Wermacht. La campagna di Grecia, che si svolge tra il 28 ottobre 1940 e il 23 aprile 1941, è un’ulteriore cartina al tornasole dell’incapacità italiana di portare avanti la “guerra parallela” voluta dal duce. Le vicende belliche che portano alla totale sudditanza verso i comandi militari tedeschi e infine al totale collasso delle forze armate sono ben note. Il progetto di potenza e nazionalizzazione degli spiriti attuato per un ventennio si è dimostrato un guscio vuoto.

Il 25 luglio del 1943, con gli alleati già sbarcati in Sicilia, avviene l’arresto del duce. Meno di due mesi dopo, l’8 settembre, viene comunicato l’armistizio di Cassibile. L’Italia si impegna a consegnare la sua flotta e le sue infrastrutture agli alleati e interrompe con effetto immediato ogni ostilità, impegnandosi a fornire agli alleati ogni supporto possibile per il proseguimento delle loro operazioni belliche contro la Germania nazista. Quello che siamo abituati a chiamare armistizio, in realtà, è molto più simile a una resa incondizionata. L’Italia smette di essere padrona del proprio destino. Il regime ha portato il Paese alla disfatta totale. La monarchia non è da meno, l’annuncio dell’armistizio è infatti gestito in modo disordinato e confuso lasciando le forze armate senza ordini chiari e causando il crollo dell’apparato statale.

L’Italia si trova ad essere occupata militarmente, divisa tra le forze alleate nel Sud e quelle tedesche nel Nord, dove Mussolini crea, sotto egida tedesca, la Repubblica sociale italiana. L’armistizio non è solo una svolta militare, ma anche un momento di profonda crisi morale e politica, con conseguenze che influenzeranno il Paese per decenni. Inizia una dolorosa guerra civile dove ci si ammazza tra compagni di scuola cresciuti e indottrinati nel Ventennio. Nel vuoto statuale che si apre sotto i piedi degli italiani prende forma infatti un movimento indipendente di liberazione armata anti-fascista che si pone come obiettivo la restaurazione della Patria e della statualità italiana. Il movimento che poi assumerà il nome di Resistenza realizza una autonomia operativa e politica sconosciuta sia ai i repubblichini, con cui si confronta in armi nel Nord, che al monarchico Regno del Sud, entrambe mere appendici delle potenze di riferimento. La Resistenza persegue attivamente obiettivi militari e politici e sarà interlocutore importante nella fondazione valoriale del nuovo Stato, anche dopo il suo disarmo deciso dagli alleati il 2 maggio 1945 e la successiva rimozione dei prefetti di nomina partigiana. Con la guerra civile si consuma una frattura valoriale che si riverbera tutt’ora nel rapportarsi di taluni con una Repubblica e uno Stato nati nel segno della democrazia e dell’antifascismo. La difficoltà nel riconciliare memorie contrastanti ha limitato in Italia la capacità di costruire una memoria collettiva unitaria e inclusiva e quindi, una pedagogia nazionale. La condanna e il ripudio del fascismo, fondamentali nella costruzione del sistema valoriale alla base del nuovo stato repubblicano hanno però finito per offuscare la dimensione propriamente geopolitica del disastro facendo perdere agli italiani la contezza della traiettoria storica del proprio Paese: con la sconfitta, si passa dall’essere una delle potenze vincitrici della Prima guerra mondiale, padrona di sé e del proprio destino, alla perdita del proprio estero vicino con la trasformazione in una non potenza retta da un informale triumvirato composto da Stati Uniti (piano Marshall e presenza militare), Unione Sovietica (Pci), Vaticano (Dc). La conferenza di pace di Parigi nel 1947 impone dure condizioni al Paese, con la perdita dei territori africani, dell’Istria e della Dalmazia. In questo contesto di grande debolezza emerge una strategia per l’inserimento dell’Italia nel sistema internazionale. Gli Stati Uniti, consapevoli della importanza dell’Italia nel mediterraneo, decidono di investire nella sua ricostruzione attraverso il piano Marshall, programma di aiuti economici inserito all’interno di una strategia europea degli Usa, volto a rilanciare le economie europee distrutte dalla guerra, nell’ambito della strategia di contenimento della Unione Sovietica. L’Italia riceve ingenti aiuti finanziari che rilanciano industria ed infrastrutture. Ma questi aiuti non sono privi di condizioni: la nazione deve allinearsi alle politiche economiche occidentali e garantire una democrazia stabile, libera da influenze comuniste.

La nostra integrazione nel blocco occidentale non è solo una questione economica, ma anche geopolitica: siamo al centro del mediterraneo, elemento nostro malgrado cruciale nel confronto tra blocco occidentale e blocco sovietico. L’adesione italiana alla Nato nel 1949 sancisce questo stato di cose. Questa alleanza militare, nata per contenere l’Unione Sovietica, è anche un vincolo esterno che condizionerà le scelte di politica estera italiana per i decenni successivi. Un ulteriore passo verso l’integrazione geopolitica e economica dell’Italia nel sistema occidentale è rappresentato dall’ingresso dell’Italia nella Comunità economica europea (Cee) nel 1957. Questo ingresso non solo rafforza la posizione dell’Italia all’interno dell’Occidente, ma ne rafforza anche la stabilità economica e politica, fornendo un quadro di cooperazione che favorirà la crescita e lo sviluppo.

L’Italia divenne così un pilastro del sistema di difesa e proiezione occidentale nel mediterraneo e oltre, ospitando basi militari strategiche come quelle di Aviano e Sigonella, istituite negli anni Cinquanta. La presenza di queste basi garantisce agli Stati Uniti un punto di appoggio cruciale per le operazioni militari e per il controllo delle rotte marittime vitali. Schema globale della superpotenza quello delle basi, di cui l’Italia in quel momento costituisce una declinazione regionale.

Come detto, l’integrazione nella Nato e il supporto del piano Marshall impongono al Paese dei vincoli significativi. Bisogna adeguarsi alle direttive economiche e politiche stabilite dagli Stati Uniti e dagli altri alleati occidentali. Subiamo una riduzione dell’autonomia decisionale in cambio di stabilità e crescita economica. Il governo italiano deve adottare politiche che favoriscano la liberalizzazione del mercato e la modernizzazione industriale, spesso seguendo le linee guida imposte da istituzioni internazionali come il Fondo monetario internazionale e la Banca mondiale.

In questo contesto, la politica interna italiana viene fortemente influenzata dalla necessità di mantenere la stabilità e di contrastare l’influenza del Partito comunista italiano (Pci), che rappresenta agli occhi degli statunitensi una minaccia significativa non solo all’ordine interno, ma anche all’equilibrio geopolitico della regione. La Democrazia cristiana (Dc), sostenuta dal Vaticano, diviene per decenni un elemento chiave nel garantire un governo stabile e filo-occidentale. Gli Stati Uniti esercitano una pressione costante sul governo italiano al fine di garantire un ambiente politico favorevole agli interessi occidentali.

Il vincolo esterno si riflette anche sul fronte interno. Il Paese si trova ad affrontare riforme necessarie al rilancio economico, che spesso penalizzano le fasce più deboli della popolazione, creando disuguaglianze e malcontento che creano lacerazioni del tessuto sociale alimentando il dibattito politico nel Paese, con lunghe tensioni tra Dc e Pci. La combinazione di aiuti economici del Piano Marshall e l’adesione alla Nato contribuiscono a trasformare l’Italia da Paese in macerie morali e materiali ad alleato strategico, ma subordinato, nel blocco occidentale. Tuttavia, questa trasformazione avviene a un costo significativo in termini di sovranità nazionale e di tensioni politiche e sociali. Inizia un percorso di 78 anni che ci porterà tra alterne vicende ad essere ciò che siamo oggi. Un Paese ricco e culturalmente omogeneo, ma che ama raccontarsi diviso, riottoso ad elaborare una mitologia nazionale da cui partire per avere consapevolezza di sé, del proprio ruolo e delle occasioni che questa epoca di transizione egemonica ci offre.

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