Le elezioni Usa e la coppia franco-tedesca

Francia e Germania, membri fondatori dell’Unione europea, ne rappresentano da lungo tempo il motore, muovendosi tra mutua convenienza e rivalità cicliche. Oggi entrambe cercano un delicato equilibrio tra le proprie ambizioni e le pressioni americane.

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Le elezioni Usa e la coppia franco tedesca
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La Bundesrepublik, storicamente grande beneficiaria in termini economicistici della pax americana, ma anche dei rapporti con i rivali sistemici degli Usa, si trova ora in una posizione delicata. Crescita economica, prezzi bassi e alto tenore di vita, apparentemente sine die, sono stati possibili sfruttando la disponibilità di energia a basso costo grazie all’importazione degli idrocarburi estratti dai giacimenti della Federazione Russa. Dall’altro lato della catena produttiva l’el dorado cinese: accesso ad un mercato di sbocco di enormi dimensioni per le merci tedesche. La perdita di queste certezze, a seguito dei recenti shock a cui l’economia tedesca è stata sottoposta e la crescente pressione americana per un netto decoupling da Russia e Cina, hanno collocato Berlino in una situazione scomoda. Ad occidente del Reno, la Francia si conferma atavica vessillifera della grandeur, ricordo di un potere imperiale che oggi si riverbera sbiadito nei territori d’oltremare in fermento (la Nuova Caledonia ne è un esempio[1]), conferenti un potenziale accesso a tutti gli oceani, e nella sbandierata force de frappe, strumento potente ma non disponibile in quantità sufficiente a reggere il confronto con i colossi nucleari. Parigi, mentre professa una politica strategica autonoma, prova a mantenere lo storico rapporto privilegiato con gli Usa, basato sulla loro duratura amicizia. Tuttavia, queste aspirazioni sono spesso smentite dalla realtà con cui la Francia si scontra: la superiorità economica, militare e politica degli Stati Uniti non permette sortite strategiche realmente autonome.

Agli inizi della loro epopea gli statunitensi hanno beneficiato profondamente dell’amicizia francese. Il regno di Francia giocò infatti un ruolo importante per l’indipendenza americana, sorreggendo le tredici colonie nella guerra contro la Gran Bretagna di Giorgio III (1775-83). La vittoria decisiva a Yorktown nel 1781 fu possibile anche grazie all’intervento della flotta francese. Il sostegno transalpino non fu solo militare, ma anche diplomatico e finanziario. La fine delle ostilità e l’agognata indipendenza furono infine raggiunte sempre grazie alla mediazione francese[2]. La condivisione di ideali profondi come libertà, democrazia e diritti dell’individuo, hanno cementato un legame che va oltre la semplice alleanza politica e militare. Lo stesso marchese de Lafayette è una figura simbolica del profondo legame affettivo franco-americano, che si conserva tuttora[3]. Legame non così profondo come quello all’interno dell’anglosfera tra gli Usa, l’ex tiranno britannico e i suoi dominions, ma comunque forte a sufficienza per sopravvivere a più di due secoli di storia.

La Germania e gli Stati Uniti sono entrambe nazioni giovani ma con una profondità storica molto diversa tra loro. Le regioni tedesche, attraverso l’immigrazione, hanno avuto una significativa influenza culturale sugli States. Milioni di germanofoni si trasferirono negli Stati Uniti nel corso del XIX secolo, portando con sé tradizioni, lingua e cultura, arricchendo la società americana e contribuendo a creare quella che per molto tempo è stata una delle classi dominanti del Paese. Nonostante ciò, nella prima metà del Novecento, le relazioni tra i due Paesi furono fortemente segnate da due guerre mondiali combattute da avversari. Gli americani entrarono in conflitto con il Reich, contribuendo in modo decisivo alla sconfitta tedesca in entrambi gli atti del grande suicidio europeo (1914/1918, 1939/1945). Il paradosso in chiave geopolitica è solo apparente: gli Usa, seppur beneficiando di forti relazioni culturali ed economiche con la Germania, hanno avuto la necessità strategica di contrastarne l’ascesa ad egemone continentale europeo. A conflitto terminato, la Germania venne spartita tra le potenze vincitrici e la sua parte occidentale fu cooptata all’interno delle strutture securitarie e politiche del blocco atlantico.

Cosa cambierà con la rielezione di Donald Trump o la conferma della leadership democratica per altri quattro anni?

Non si scorgono grandi differenze per Berlino derivanti dal colore della prossima amministrazione. Un ritorno del tycoon newyorkese riporterà l’attenzione sugli stessi temi affrontati durante il suo primo mandato, ma con l’aspettativa di toni ancora più drastici. Trump ha spinto in passato, e continuerà ad esercitare pressione anche in futuro, per un aumento delle spese militari da parte della Germania. Anche in caso di raggiungimento degli obiettivi di spesa, di cui la celebre Zeitenwende (“svolta epocale” tesa al riarmo tedesco) proclamata dal cancelliere Olaf Scholz[4] rappresenta un punto di partenza i cui effetti tardano ancora a vedersi, la Germania non otterrebbe una maggiore indipendenza strategica. Gli Usa manterranno comunque il controllo delle decisioni cruciali all’interno della Nato, limitando le capacità decisionali autonome della Bundesrepublik. Uno sguardo alle relazioni commerciali, tasto decisamente sensibile per i governanti tedeschi: le politiche sostenute dal primo Trump erano basate su una logica di fondo protezionista. Un ritorno ad uno scenario di schermaglie commerciali tra le due sponde dell’Atlantico potrebbe portare a tensioni con la Germania, un’economia fortemente orientata all’export e dipendente da esso per il proprio benessere. Possibili dazi e barriere commerciali potrebbero quindi emergere, influenzando negativamente le relazioni bilaterali. La conferma della leadership democratica significherebbe il mantenimento della linea seguita dalla corrente amministrazione. In relazione ai grandi temi afferenti alle relazioni tedesco-americane, principalmente aumento degli investimenti per la difesa, limitata (se non nulla) autonomia strategica e riduzione dell’esposizione commerciale verso la Repubblica Popolare, non ci si dovrebbe comunque scostare di molto dalla linea perseguita sotto Trump, soprattutto in termini di spesa militare. I toni sarebbero più concilianti ma comunque decisi nell’imporre la linea strategica americana. Decisi come quelli usati da Biden in presenza di Scholz in merito alla “gestione” del gasdotto Nord Stream 2 in caso di attacco russo all’Ucraina[5]. In linea con il pensiero strategico americano a prescindere dal colore politico, Kamala Harris continuerà ad esercitare pressioni per un decoupling dalla Cina. Questo potrebbe costringere la Germania a rivedere ulteriormente le proprie politiche energetiche e commerciali, con implicazioni significative per la propria economia. Infine, con i democratici al potere, le politiche climatiche e ambientali rimarrebbero centrali. La Germania, caratterizzata da forti ideali di ecologia e sostenibilità, potrebbe trovare una sponda nell’amministrazione Harris, al netto delle difficoltà derivanti dalla politica semi-protezionistica promossa da Biden al fine di re-industrializzare parzialmente gli Usa.

Parigi riscuote alterne simpatie oltreoceano. I forti disaccordi con Trump, sfociati in attacchi personali con Emmanuel Macron, hanno caratterizzato la relazione tra i due Paesi e fanno pensare un ritorno ad alta tensione a cui l’Esagono deve prepararsi, serrando le fila con i partner europei. La scelta di J.D. Vance come vicepresidente è inoltre presagio di una linea repubblicana di medio periodo improntata sul solco tracciato da Trump. I temi scottanti sono prettamente militari e commerciali. La Francia professa maggiore autonomia strategica ma una nuova amministrazione Trump, al di là della retorica, difficilmente permetterebbe la creazione di una difesa europea autonoma dagli Usa. Le forti divergenze su politiche commerciali e ambientali potrebbero altresì intensificarsi. L’Esagono, che ha firmato e sostiene l’Accordo di Parigi sul clima, si troverebbe infatti nuovamente in disaccordo con un’amministrazione repubblicana decisamente meno incline a politiche ambientali rigorose. L’attuale linea politica francese è invece in parte condivisa dall’establishment democratico. La nomina di Harris significherebbe il mantenimento dello status quo nel nome di una collaborazione pragmatica, con relazioni più stabili e collaborative su molti dossier. Tuttavia, resterebbero alcune divergenze manifestatesi già durante il mandato di Biden, come le politiche protezionistiche mascherate da incentivi fiscali[6], la volontà di Parigi di non chiudere del tutto la porta alle possibilità di cooperazione commerciale con la Cina e la reciproca concorrenza in merito alla fornitura di armamenti ai partner[7].  Controversie da non sottovalutare considerando il complesso quadro globale, segnato da molteplici conflitti sia in essere che potenziali. Si può presumere, di conseguenza, una condotta simile a quella attuale in merito alla sicurezza con la Francia che continuerebbe a farsi alfiere delle (proprie) aspirazioni di una maggiore autonomia militare europea, magari a guida francese. Oltre all’autonomia strategica, l’attuale politica economica americana rappresenta un altro importante punto di frizione poiché mette a rischio la competitività delle industrie francesi nei confronti di quelle americane. Parigi potrebbe comunque trovare più spazio negoziale con la controparte democratica, al fine mitigare gli impatti negativi sull’economia francese.

Le elezioni presidenziali USA del 2024 rappresentano quindi una sfida cruciale per la coppia franco-tedesca, anche se con presupposti diversi. Berlino dovrà affrontare nel prossimo futuro una crescente pressione americana bipartisan in merito sia all’incremento delle spese per la difesa che alla sensibile riduzione dei rapporti commerciali con la Cina. La Francia, invece, dovrà trovare il modo di coltivare le proprie aspirazioni strategiche, sia in materia politica che economica, rinforzando le alleanze con i soci europei in vista di possibili tensioni con una nuova amministrazione Trump, non dimenticando però che attriti con Washington sono sorti anche in presenza di una controparte democratica. A prescindere dal candidato vincitore, Francia e Germania devono prepararsi a un futuro incerto e complesso nelle relazioni transatlantiche.


[1] Goury-Laffont V., Leali G., Nickel, guns and foreign powers: How France’s New Caledonia reached the brink of ‘civil war’, “Politico”, 16 maggio 2024

https://www.politico.eu/article/new-caledonia-france-brink-civil-war-nickel-gun-macron

[2] Trattato di Parigi, 1783.

[3] Il 16 agosto 2024 è prevista l’inaugurazione di una serie di eventi, organizzata dall’associazione The American friends of Lafayette, a commemorazione del duecentesimo anniversario del viaggio di addio dagli Stati Uniti di Lafayette avvenuto tra il 1824 e il 1825.

https://www.lafayette200.org.

[4] Discorso al Bundestag del 27 febbraio 2022.

[5] Mason J., Rinke A., Shalal A., Biden pledges end to Nord Stream 2 if Russia invades Ukraine, “Reuters”, 8 febbraio 2022.

https://www.reuters.com/world/biden-germanys-scholz-stress-unified-front-against-any-russian-aggression-toward-2022-02-07

[6] L’Inflation Reduction Act promosso da Biden e promulgato nell’agosto del 2022.

[7] The Associated Press, France decries ‘duplicity’ on U.S.-Australia nuclear submarine deal as ‘crisis’ continues, “NBC news”, 19 settembre 2021.

https://www.nbcnews.com/news/world/france-decries-duplicity-u-s-australia-nuclear-submarine-deal-crisis-n1279528


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