Fascismo e geopolitica: l’Italia tra le due guerre

L’Italia, inizialmente neutrale, entra nella Prima Guerra Mondiale al fianco della Triplice Intesa con il Patto di Londra. Tra le due guerre, il fascismo guida una politica estera opportunista, che culmina nell’alleanza con la Germania nazista

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l'Italia occupa il Dodecaneso
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Il complesso meccanismo di alleanze che si viene a creare negli anni precedenti allo scoppio della Prima guerra mondiale, consente all’Italia di mantenere una posizione neutrale che le permette di portare avanti trattative con entrambi gli schieramenti coinvolti nel conflitto. La migliore offerta che gli italiani riescono a ottenere è quella della Triplice Intesa, che si traduce nella stipula del Patto di Londra il ventisei aprile 1915. Il fattore umano italiano è profondamente spaccato con le piazze dominate dalla agguerrita minoranza favorevole all’intervento in guerra. Il fronte socialista non riesce a mettere in campo una campagna in grado di controbilanciare la voce degli interventisti, mentre la maggior parte della popolazione, che resta silente, mantiene una vocazione pacifista. L’ingresso in guerra al fianco dell’Intesa incontra sia le aspirazioni dei nazionalisti, che vogliono un’Italia più assertiva e con una proiezione mediterranea più solida, che i desideri degli irredentisti, intenzionati a recuperare i restanti territori italiani ancora in mano austriaca. I compensi territoriali pattuiti a Londra rispecchiano in pieno queste prospettive: Trentino, Istria e Dalmazia, oltre che territori in Albania e in Anatolia, sarebbero diventati italiani in caso di vittoria. Gli accordi per le spartizioni dei territori sottratti all’impero ottomano vengono perfezionati a Saint Jean de Maurienne il diciannove aprile del 1917. Nel piccolo paesino francese, a bordo di un vagone ferroviario, Francia, Italia e Regno Unito stabiliscono il passaggio, a guerra finita, della città di Adana e relativa regione ai francesi mentre agli italiani spetta il sud ovest della penisola anatolica. Tuttavia, la mancanza di delegati russi, causata dalla drammatica situazione interna dell’alleato orientale, permetterà ai britannici di disconoscere gli accordi e avallare le pretese greche sulla città di Smirne, aprendo una spaccatura nel fronte delle potenze vincitrici nell’immediato dopoguerra. Per l’Italia i territori anatolici sono di grande importanza, sia per proiettare influenza nel Mediterraneo orientale che per le risorse naturali presenti. L’occupazione greca di Smirne porta a una guerra con la neonata repubblica turca, guerra in cui francesi e italiani sostengono i turchi e gli inglesi i greci. Le ostilità si chiudono nel 1922 con la Grecia costretta ad abbandonare ogni velleità in Anatolia e l’Italia che ottiene il riconoscimento della sua occupazione delle isole del Dodecaneso.

I nuovi spazi creatisi con la deflagrazione dell’impero ottomano si saturano in fretta con Francia e Gran Bretagna che riescono a ottenere i maggiori vantaggi nel nuovo scenario medio orientale. In Italia il fascismo prende il potere, le velleità nazionalistiche del nuovo regime inaugurano una stagione di politica estera ondivaga e sfacciatamente opportunista, che si chiude soltanto con la catastrofe della Seconda guerra mondiale. La breve crisi di Corfù nel 1923 evidenzia immediatamente l’importanza della proiezione balcanica per assicurare il controllo del mar Adriatico. L’anno seguente il trattato di Roma, siglato con la Jugoslavia, sancisce la sovranità italiana sulla città di Fiume e ridisegna, anche se di poco, il confine tra le due compagini statuali. Con la partecipazione ai lavori che portarono al patto di Locarno (1925) l’Italia conferma il suo status di grande potenza ponendosi come garante, insieme al Regno unito, dei termini dei trattati elaborati nel corso della conferenza tenutasi nella cittadina svizzera. Da un lato si cerca di perseguire una politica di potenza mentre dall’altro si cerca la partecipazione alle iniziative dell’alta diplomazia dell’Europa occidentale.

L’ascesa del nazionalsocialismo in Germania genera immediatamente preoccupazioni in tutta Europa. Mussolini intravede immediatamente nuove opportunità per presentare l’Italia come elemento di equilibrio determinante nell’economia delle relazioni internazionali nel vecchio continente. L’attivismo fascista in politica estera nei primi anni trenta si muove in ogni direzione possibile. Il trattato di amicizia, non aggressione e neutralità siglato il due settembre 1933 con l’Unione sovietica testimonia la preminenza degli interessi geopolitici su quelli ideologici, nella definizione della strategia diplomatica. Nel luglio del 1934 i nazionalsocialisti austriaci tentano un colpo di stato che apre a una crisi tra il regime italiano e quello tedesco. Mussolini si pone di traverso al tentativo di conquista del potere in Austria delle forze filo tedesche, arrivando a formare insieme alla Francia e al Regno Unito il cosiddetto “fronte di Stresa (1935)”, un accordo in chiave esplicitamente antitedesca. La momentanea comunione di intenti tra i vincitori della Prima guerra mondiale si rompe immediatamente. Da un lato il governo britannico firma un patto bilaterale con la Germania che ottiene la possibilità di ricostruire la flotta, a patto di non superare il 35% del tonnellaggio totale della flotta di Sua maestà, dall’altro l’Italia invade l’Etiopia con lo scopo di fondare il suo impero in Africa. Agl’occhi di Mussolini la guerra d’Etiopia sancisce l’inconciliabilità degli interessi geopolitici italiani con quelli anglo-francesi. Ne risulta il successivo avvicinamento alla Germania, con la quale non vi sono aspirazioni collidenti nel mediterraneo. Sul fronte interno la vittoria in Etiopia segna l’apice del consenso verso il regime.

La guerra civile spagnola rappresenta non solo un’altra tappa nell’avvicinamento diplomatico tra Italia e Germania, ma anche l’allinearsi delle sfere ideologica e geopolitica nella definizione degli obiettivi in politica estera: si deve evitare la presenza di comunisti e antifascisti al governo in due Paesi confinanti come sono la Francia e la Spagna. A questo punto i due vecchi avversari nella Prima guerra mondiale si scoprono naturali alleati nel conseguimento delle rispettive ambizioni di potenza, contrapposti ai grandi imperi coloniali fermamente determinati nella conservazione dello status quo. Le dinamiche che portano alla frustrazione dei desideri di entrambi gli schieramenti si sono appena messe in moto. Il 1938 segna un punto di svolta decisivo. Il tredici marzo l’Italia avalla l’annessione dell’Austria ai territori del Terzo Reich. Il 29 e il 30 settembre a Monaco di Baviera si tiene una conferenza, sollecitata dallo stesso Mussolini, per risolvere diplomaticamente le mire naziste sulla Cecoslovacchia. Partecipano alla conferenza i governi di Italia, Germania, Francia e Regno Unito. Paradossalmente non invitato, il governo cecoslovacco subisce l’aggressività della Germania e l’inazione anglo-francese, dovuta dal timore fondato di un conflitto armato su vasta scala. L’Italia si presenta come arbitro nel mantenimento di una pace europea ormai quasi impossibile da sostenere, l’aggressività nazionalsocialista non può più essere gestita con i buoni uffici. In questo contesto sempre più teso Mussolini consolida l’alleanza con il regime nazista tramite la firma del Patto d’Acciaio il ventidue maggio 1939. Forte del peso specifico dell’alleato tedesco, puntando sulla debolezza mostrata fino a quel momento dall’alleanza anglo-francese il regime fascista annette i territori dell’Albania. Messo al sicuro l’accesso al mar Adriatico Roma inizia a guardare con maggiore assertività alle acque del Mediterraneo. È imperativo assicurare i collegamenti con l’Africa orientale italiana e con gli oceani. Lo scenario che porta al suicidio dell’Europa è quasi del tutto delineato.

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