Tetris. Il videogioco che bucò la Cortina di ferro

Dal cuore dell’URSS al trionfo globale: la parabola del puzzle sovietico diventato icona capitalista

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Tetris. L’algoritmo che bucò la Cortina di ferro

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Nel 1984, anno di orwelliana memoria, durante le fasi finali della Guerra Fredda in cui USA e URSS si fronteggiavano attraverso attività di spionaggio, propaganda e lo sviluppo di armi nucleari, un elemento del tutto inaspettato stava per oltrepassare la Cortina di ferro: Tetris.

Nessuno, nemmeno il suo creatore, avrebbe potuto immaginare che quel semplice puzzle di blocchi colorati avrebbe giocato un ruolo chiave nella storia dell’intrattenimento digitale, come anche nella geopolitica.

L’idea di Tetris nasce da un’intuizione semplice ma geniale di Aleksej Pajitnov, un ingegnere informatico che lavorava al Centro di calcolo dell’Accademia delle Scienze sovietica, occupandosi già allora di ricerca e sviluppo su riconoscimento vocale e intelligenza artificiale.

Ispirandosi ai giocattoli assemblabili molto popolari nell’URRS sin dagli anni’60 e noti come polimini, Pajitnov programmò un videogioco dove figure geometriche, i “tetramini” (ossia una figura piana composta da quattro quadrati identici connessi tra loro lungo i lati), cadevano dall’alto e dovevano essere incastrati per completare le righe dello schermo, eliminandosi una volta riempite.

Inizialmente chiamato genetičeskaja inženerija, ovvero ingegneria genetica, Pajitnov lo rinominò combinando la parola tetra (riferita ai tetramini) con il nome del suo sport preferito, il tennis, donando al mondo la propria invenzione con il nome di Tetris.

Il gioco fu sviluppato su un computer sovietico Elektronika 60, sul cui schermo monocromatico i quadrati dei tetramini erano inizialmente raffigurati mediante l’utilizzo di due parentesi quadre. Subito dopo la sua messa a punto da parte di Pajitnov, il gioco iniziò a circolare tra i suoi colleghi e nei centri di ricerca in tutta l’URSS, tramite lo scambio di floppy disk.

Dall’Est all’Ovest

Ma come fece Tetris a valicare la Cortina di ferro? Negli anni Ottanta, tutto ciò che veniva prodotto nel sistema comunista dell’URSS, compresi i frutti della proprietà intellettuale degli individui, era di proprietà dello Stato. Questo complicò non poco l’acquisizione dei diritti commerciali del videogame, aprendo la strada ad un intricato intreccio internazionale.

Una copia clandestina di Tetris arrivò in Ungheria, e da lì in Occidente. Il britannico Robert Stein, importatore di videogiochi per l’Andromeda Software, credette di averne acquisito i diritti dopo averne ottenuto la cessione da Pajitnov via fax, ma senza una piena consapevolezza del sistema giurisprudenziale sovietico che non attribuiva valore legale a un documento del genere, attribuendo al contrario i diritti di Tetris alla ELORG (Ėlektronorgtechnika), l’agenzia statale sovietica con il monopolio sul commercio di hardware e software.

Tra le varie aziende occidentali che subentrarono nella contesa, la Nintendo, colosso nippo-americano dei videogames, si presentò con un obiettivo preciso: ottenere Tetris per il lancio del Game Boy nel 1989. Così, l’imprenditore olandese Henk Rogers, su incarico di Nintendo, andò a Mosca e ottenne i diritti direttamente dalla ĖLORG, scavalcando Robert Stein, che li aveva venduti in precedenza a diverse case di produzione, senza però averli mai realmente ottenuti.

La ĖLORG, infatti, aveva scoperto che i diritti per console non erano mai stati concessi e rinegoziò gli accordi, revocando quelli a Stein e firmando con Nintendo un contratto ufficiale e legale.

Nonostante le pressioni di un’altra casa di produzione, la Mirrorsoft, che arrivò a coinvolgere persino il segretario generale del PCUS Michail Gorbaciov per bloccare l’accordo con Nintendo, la ĖLORG rimase fedele al nuovo contratto, sottolineandone i benefici economici.

Il gioco divenne immediatamente un fenomeno globale, vendendo milioni di copie.

Tetris: un puzzle con risvolti geopolitici

Il successo di Tetris nel mondo occidentale rappresenta una delle più curiose vicende culturali della Guerra Fredda. Il prodotto di un sistema comunista, infatti, finì per diventare un grande successo del capitalismo tecnologico.

Tetris agì come una sorta di ambasciatore silenzioso, dimostrando che anche “dall’altra parte” esistevano creatività, talento e passione. Un puzzle digitale in grado di oltrepassare qualsiasi barriera politica.

Dal punto di vista formale, Tetris si basa su un’estetica della funzionalità e dell’ordine geometrico in cui i blocchi sono figure pure e minimaliste, derivanti dalla logica binaria della programmazione cibernetica. Ma in Tetris questa geometria non è soltanto decorativa, è disciplinare.

Ogni pezzo deve essere incasellato nel modo più efficiente possibile, pena il caos, la fine del gioco. È un’estetica della razionalizzazione, profondamente affine allo spirito costruttivista che permeava gran parte del pensiero sovietico.

Il costruttivismo, movimento artistico architettonico nato nella Russia post-rivoluzionaria, privilegiava strutture astratte, l’uso della linea retta, della geometria rigorosa e la subordinazione dell’arte alla funzione sociale. In Tetris, si può leggere una sua eco: l’arte diventa strumento, gioco di logica e disciplina mentale. Ogni blocco è una piccola unità produttiva che deve trovare il suo posto nel collettivo, una metafora visiva della società idealmente armonica del socialismo realizzato.

Ma forse la logica del gioco nascondeva anche un inconscio desiderio di cambiamento, la caduta di un muro, di una cortina di ferro che da decenni divideva il mondo con spietata impermeabilità, magari proprio attraverso un tanto desiderato allineamento dei blocchi, tanto nel gioco come nella geopolitica, tra quello orientale e quello occidentale.

Un’eredità senza tempo

Oggi, Tetris è considerato uno dei videogiochi più influenti di sempre. La sua estetica è diventata parte dell’immaginario collettivo. È stato studiato da neuroscienziati, reinterpretato in arte e musica, e ha persino ispirato il film Tetris (2023), che racconta proprio le intricate vicende legate alla sua distribuzione mondiale.

Solo dopo il crollo dell’Unione Sovietica, Pajitnov ha potuto rivendicare i suoi diritti, fondando insieme a Henk Rogers The Tetris Company, che ancora oggi gestisce il marchio a livello globale.

È il caso, infatti, di sottolineare il merito dell’Occidente intero nel successo di questo prodotto. Senza la distribuzione delle grandi società di videogiochi occidentali, infatti, non è possibile sapere se e quando Tetris avrebbe visto la luce del grande pubblico dei videogiochi.

Una collaborazione a tutto tondo dell’Occidente allargato, dagli Stati Uniti al Giappone, passando per diversi imprenditori, tra cui in primis uno britannico e uno olandese. A riprova del fatto che, almeno in quella determinata epoca, il sistema capitalista, basato soprattutto su democrazia e liberalismo, pur con tutti i propri limiti, si dimostrò essere il modello vincente per la diffusione di estetiche, arte e proprietà intellettuale nella società.

Il gioco di squadra, anche se inconsapevole, dell’Occidente, tramite l’interazione dei propri apparati produttivi e distributivi, ha decretato sin dall’epoca della prima globalizzazione il successo e l’affermazione di innumerevoli prodotti di qualità, sia materiali che intellettuali, nel mondo intero.

Questione che, in un momento di grave tensione inter-occidentale, dovuta in primis ad un disallineamento politico e commerciale degli Stati Uniti nei confronti dei propri alleati storici, sarebbe bene ricordare.

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