Rischio Medio Oriente 2025

Un’analisi integrata del rischio nel Medio Oriente allargato, dove geopolitica, tecnologia, clima ed economia si incontrano e si influenzano reciprocamente

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Con il dossier sul Medio Oriente inizia una nuova tipologia di pubblicazione di Itineraria. Quello che state per leggere è il primo dossier prodotto dalla piattaforma itineraria.ai. piattaforma sviluppata nativamente con tecnologie di IA che consente di avere una visione olistica del rischio nelle sue 6 dimensioni, geopolitica, sociopolitica, logistica, energetico ambientale, finanziaria e cibernetica. Da questo report in poi ogni dossier pubblicato su itineriariaonline sarà correlato da un report finale di rischio prodotto dalla piattaforma omonima. Tale piattaforma è stata sviluppata in versione beta e sarà presto disponibile ad aziende e associazioni sul sito itineraria.ai per dimostrazioni.

Analisi complessiva del rischio nel Medio Oriente allargato

Il Medio Oriente sta attraversando una fase di transizione complessa, in cui le fratture geopolitiche, le tensioni energetiche, la competizione tecnologica e gli effetti della crisi climatica si intrecciano in un equilibrio sempre più fragile. L’area che si estende dal Levante al golfo Persico, includendo il mar Rosso e la Turchia, rappresenta oggi uno dei principali laboratori di rischio sistemico del pianeta. Qui si incontrano tre corridoi strategici — Hormuz, Bab el-Mandeb e Suez — da cui dipendono il flusso di energia e merci verso Europa e Asia. Ogni shock politico, militare o climatico in quest’area si propaga immediatamente sui mercati globali, sulle catene di approvvigionamento e sulla stabilità finanziaria internazionale.

L’analisi complessiva elaborata da Itineraria A.I. sintetizza i risultati di sei domini di rischio – geopolitico, cibernetico, logistico, socio-politico, ambientale e finanziario – integrandoli in un quadro unico. Il livello di rischio per la regione si attesta su un livello medio-alto con componenti attive e passive bilanciate, ma tutte in tendenza crescente. È un sistema in cui i fattori di instabilità si alimentano a vicenda, e in cui ogni dominio può amplificare gli altri.

Dominio di rischioRischio direttoDomino attivoDomino passivo
Geopolitico15,8914,0613,88
Cibernetico61,4514,3314,67
Logistico0,1415,2112,65
Socio-Politico36,1115,3214,63
Ambientale-Energetico15,8115,4213,31
Finanziario41,0514,5313,85

Rischio geopolitico

Il rischio geopolitico resta il principale vettore di instabilità. Le tensioni nel mar Rosso, alimentate dalle campagne dei ribelli Houthi contro il traffico marittimo internazionale, e la fragilità dello stretto di Hormuz, attraversato da un quinto dei flussi mondiali di petrolio e gas liquefatto, mantengono elevato il livello di allerta. Le missioni internazionali, come l’operazione europea ASPIDES e la risoluzione 2722 del Consiglio di Sicurezza ONU, hanno rafforzato la sorveglianza, ma non eliminano la possibilità di escalation improvvise.

Gli scenari futuri prevedono tre livelli: uno base, con attacchi episodici e convogli protetti; uno avverso, con crisi prolungate su porti e pipeline; e uno grave, caratterizzato da un blocco combinato del mar Rosso e di Hormuz. In quest’ultimo caso, l’impatto sul commercio globale sarebbe sistemico, con effetti immediati sui prezzi energetici e sui noli marittimi. Il rischio geopolitico in Medio Oriente rimane dunque strutturale e difficilmente mitigabile nel breve periodo.

Rischio cibernetico

Nel dominio digitale, il Medio Oriente è teatro di un conflitto silenzioso ma costante. Le infrastrutture critiche della regione – porti, centrali elettriche, raffinerie e sistemi logistici – sono bersaglio di attacchi APT (Advanced Persistent Threats) iraniani, russi e nordcoreani, oltre che di gruppi criminali specializzati in ransomware a doppia estorsione. Gli incidenti legati a sistemi industriali esposti su Internet, come nel caso dei PLC Unitronics (controllori logici programmabili), dimostrano quanto il confine tra sicurezza informatica e fisica sia ormai labile.

Nel Medio Oriente le aziende affrontano forti rischi cibernetici legati a digitalizzazione e tensioni geopolitiche. Diffusi gli attacchi ransomware (es. “LockBit”, “BlackCat” nel 2023) contro energia e telecomunicazioni. Gruppi statali come MuddyWater conducono campagne di spionaggio informatico (APT, Advanced Persistent Threats). Critiche anche le intrusioni nei sistemi industriali (OT/ICS, Operational Technology / Industrial Control Systems), come l’attacco “Shamoon” a Saudi Aramco. Altri rischi riguardano la supply chain digitale e i sabotaggi geopolitici (Israele–Iran 2024-25). Infine, phishing ed errori umani restano cause frequenti di compromissione aziendale.

Rischio logistico

Il rischio logistico è diventato una costante nella regione. I transiti nel Canale di Suez sono calati fino al 40% nei momenti di maggiore tensione, mentre molte compagnie mantengono rotte alternative via Capo di Buona Speranza, con un allungamento dei tempi di viaggio di 7–15 giorni e costi operativi in forte aumento. I premi assicurativi “war-risk” sono cresciuti fino all’1% del valore nave, mentre il sistema ETS europeo (Emission Trading System) – esteso al trasporto marittimo – aggiunge ulteriori oneri legati alle emissioni.

Il ritorno graduale dei grandi container verso Suez, favorito da sconti temporanei della Suez Canal Authority, non basta a ristabilire la normalità. La logistica globale si sta adattando a un mondo più frammentato, dove la resilienza vale più dell’efficienza e le scorte tornano a essere parte integrante della strategia aziendale. Le imprese più esposte restano quelle con catene con tempi di consegne rigidi, in particolare nei settori farmaceutico, alimentare e dei semiconduttori.

Rischio socio-politico

Sul piano interno, le società mediorientali affrontano un ciclo di tensioni politiche e sociali senza precedenti recenti. L’aumento del costo della vita, la crisi umanitaria a Gaza e le prossime scadenze elettorali in Iraq ed Egitto si intrecciano con la crescente sfiducia verso le istituzioni. In Israele, nell’estate 2025, si sono registrati oltre trecento episodi di protesta. In Giordania la pressione è più silenziosa: il regno resta stabile, ma l’aumento dei prezzi, la dipendenza dagli aiuti esterni e il clima regionale alimentano un malcontento che può riattivarsi rapidamente. In Yemen invece non si parla di protesta latente, ma di un conflitto frammentato, in cui il deterioramento economico si traduce in violenza in un contesto territoriale controllato da diversi attori (Houthi, governo internazionalmente riconosciuto, consiglio di transizione del Sud).

La diffusione dei social media – superiore al 90% della popolazione in Arabia Saudita – amplifica la rapidità della mobilitazione, ma anche la vulnerabilità alla disinformazione. Le campagne di manipolazione, sempre più basate su intelligenze artificiali generative, contribuiscono a polarizzare l’opinione pubblica e a ridurre i margini di mediazione politica. La stabilità sociale è dunque fragile e dipendente dalla capacità dei governi di gestire narrazioni e aspettative oltre che risorse materiali.

Rischio ambientale

Il Medio Oriente è una delle aree più vulnerabili al cambiamento climatico. Il 2024 ha registrato un’anomalia termica media di +1,55 °C rispetto all’epoca preindustriale, con ondate di calore sempre più frequenti, tempeste di sabbia e siccità che compromettono infrastrutture, agricoltura e salute pubblica. Nei porti del Golfo e del Mar Rosso, il caldo estremo e l’umidità riducono la produttività e accelerano il degrado delle strutture.

A ciò si aggiungono i nuovi obblighi internazionali: l’estensione dell’ETS (Emission Trading System) europeo al settore marittimo e la strategia IMO 2023 (International Maritime Organization) sulla decarbonizzazione delle flotte richiedono investimenti significativi. La regolazione climatica, da fattore ambientale, è divenuta un rischio economico e operativo. Le imprese più lungimiranti integrano già sistemi di allerta preventiva meteorologica e misure di adattamento HSE (Health, Safety, Environment), ma la governance idrica e urbana nella regione resta critica.

Rischio finanziario

Il quadro finanziario internazionale riflette le tensioni regionali. Dopo anni di stretta monetaria, la Federal Reserve ha ridotto i tassi al 4%, mentre la Banca Centrale Europea li mantiene intorno al 2%. Tuttavia, i differenziali valutari tra dollaro ed euro continuano a incidere sui costi di copertura e sul credito commerciale. Le catene di approvvigionamento energetiche e marittime soffrono per il combinarsi di premi assicurativi, volatilità delle materie prime e fabbisogno crescente di liquidità.

Il Fondo Monetario Internazionale, nel suo Global Financial Stability Report di ottobre 2025, segnala un aumento dei margini di garanzia richiesti sui derivati e una vulnerabilità crescente del settore finanziario non bancario. In parallelo, il prezzo del petrolio greggio – previsto intorno ai 64 dollari al barile – resta sensibile a ogni evento geopolitico. Le imprese operanti nella regione devono quindi bilanciare coperture e capitale circolante con strategie di copertura del rischio più sofisticate e tempestive.

Impatto complessivo e strategie di mitigazione

La combinazione di questi fattori genera un contesto operativo ad alto rischio, in cui la continuità delle attività richiede pianificazione e adattabilità. I ritardi medi nelle consegne lungo le rotte mediorientali superano spesso i cinque giorni, mentre i costi assicurativi e climatici comprimono la redditività. Gli incidenti informatici su sistemi di gestione portuale o di prenotazione possono bloccare intere catene logistiche, anche in assenza di danni fisici.

Le istituzioni locali ed europee sono chiamate a sostenere scorte strategiche, programmi di sicurezza marittima e meccanismi di sostegno alle imprese esposte. In parallelo, cresce la consapevolezza della necessità di strategie di mitigazione integrate: evitare l’esposizione diretta alle aree più instabili, ridurre la vulnerabilità attraverso piani di continuità operativa, trasferire parte del rischio tramite assicurazioni e derivati, e accettare un margine residuo entro soglie definite.

Tra le misure più efficaci emergono: la diversificazione delle rotte e degli hub logistici, la predisposizione di buffer di scorte tra 3 e 6 settimane, l’adozione di architetture Zero-Trust in ambito cyber, la predisposizione di polizze parametriche contro eventi catastrofici e l’integrazione di previsioni WMO (World Meteorological Organization) e SDS-WAS (Sand and Dust Storm Warning Advisory and Assessment System) nei centri operativi. L’obiettivo non è eliminare il rischio, ma mantenerlo entro livelli compatibili con la stabilità economica e sociale.

Conclusione

Il Medio Oriente allargato si conferma come un crocevia di vulnerabilità globali. Ogni dominio – dal militare al digitale, dal climatico al finanziario – è legato agli altri in una rete di interdipendenze sempre più fitta. Comprendere queste connessioni è la condizione minima per governare l’incertezza. L’equilibrio della regione dipenderà dalla capacità di attori pubblici e privati di adattarsi a una nuova normalità fatta di volatilità permanente, in cui la gestione del rischio diventa la forma più alta di pianificazione.

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